“Ascoltare il ritmo
delle cose”
Note di comunione, di
unità e di pace in chiave di violino
di
sr. Chiara Carla Cabras, sr.
Chiara Angela Bianchini e
sorelle clarisse del Monastero di Urbino
Dall’esperienza estiva dell’evento
“Teofonia” vissuto a Fonte Avellana sono nati per noi sorelle alcuni frutti dal
sapore interreligioso gustati in questi mesi.
Il primo è l’incontro con le monache
induiste dell’Ashram di Altare, che dal Monastero di Fonte Avellana sono venute
a Urbino per vivere una giornata di confronto e scambio spirituale con la
nostra fraternità. Con svamini Hamsananda e le sue sorelle abbiamo condiviso la
nostra esperienza monastica di vita fraterna trovando moltissime consonanze sia
per quanto riguarda la ricerca dell’Assoluto, sia nel comune tentativo di dare
forma al quotidiano e alle relazioni che in esso viviamo. Ci siamo poi
confrontate sugli elementi della formazione concordando che la crescita nella
libertà è un elemento importante per lo sviluppo umano e spirituale della
persona. Un momento molto significativo è stata la preghiera vissuta insieme
come lode e ringraziamento della giornata trascorsa: la nostra salmodia
vespertina e il canto delle monache induiste si sono armonizzati in note di
comunione e di unità alimentando il dialogo e l’amicizia spirituale che già da
tempo viviamo con loro.
Il secondo frutto è maturato il 4
ottobre nella festa di san Francesco, quando abbiamo invitato a Urbino il
gruppo musicale musulmano “Sukun Ensemble” conosciuto a Fonte Avellana. Con
questo invito abbiamo voluto sottolineare l’aspetto del dialogo interreligioso
e multiculturale a partire dall’incontro di san Francesco con il Sultano.
Il gruppo musicale ha eseguito per noi
splendidi brani di musica islamica, ebraica e cristiana. La professionalità e
la passione dei musicisti hanno creato un’atmosfera particolare e una musica
nuova e intensa capace di suscitare in tutti emozioni forti e, paradossalmente,
il silenzio interiore.
La musica eseguita è arrivata dritta al
cuore proprio perché ricca di spiritualità e capace di muovere gli animi ad un
risveglio interiore; i brani proposti dai nostri fratelli del “Sukun” (termine
che significa “silenzio”) hanno generato note coinvolgenti e note di pace, una
pace che ha dato all’esterno calore ed empatia presso il pubblico e la nostra
fraternità e che ha prodotto all’interno di ciascuno, senza dubbio, qualcosa di
molto buono, quella comunione silenziosa che solo il tempo sa decifrare e far
maturare in frutti duraturi.
Questo momento musicale l’abbiamo
plasticamente inserito tra l’introduzione-spiegazione dell’“evento fondante” il
dialogo interreligioso francescano (vedi oltre, più sotto, il testo di sr.
Chiara Angela) e la consegna di un simbolo-ricordo preparato da noi per
ciascuno dei partecipanti: un semplice biglietto colorato traforato, tra righe
e spazi, da note espresse “in chiave di sol” tra la parola “pace” scritta in
arabo in ebraico e in italiano.
Abbiamo infine goduto di un bis richiestissimo
e subito concesso! E’ stato rieseguito il brano con cui il concerto era
iniziato: un pezzo del tutto mistico, molto toccante e significativo relativo a
Muhammad e alla sua personale esperienza rivelativa.
Abbiamo così concluso la festa di san
Francesco con una foto di gruppo che esprime la gioia del momento da parte di
tutti... gioia che rimane. Il Signore vi dia pace!
Sr.
Chiara Carla Cabras
e sorelle di Urbino
Introduzione al
concerto
“Francesco e il Sultano: strumenti di pace”
Al
termine di questa giornata del 4 ottobre, in cui abbiamo ricordato san
Francesco che, insieme a santa Chiara, ha dato vita alla famiglia francescana,
vogliamo ringraziare questi fratelli musulmani del gruppo “Sukun Ensemble” che
hanno accolto gentilmente l’invito di essere qui con noi per eseguire brani
musicali della tradizione islamica, ebraica e cristiana quale espressione di
spiritualità e veicolo di comunicazione tra popoli, culture e religioni
differenti. Ci accomuna questa sera il desiderio di diffondere “note di pace”.
Come
non ricordare insieme, in questo momento, l’incontro amichevole di Francesco
d’Assisi con il Sultano ai tempi non meno difficili dei nostri delle crociate?
Francesco
non voleva andare verso i musulmani, né tanto meno andare contro: con lo
Spirito di Dio voleva andare tra i
musulmani e portare la pace come ha chiesto di fare ai suoi frati in tutto il
mondo con il saluto: “Il Signore vi doni la sua pace”. Proprio perché andò tra i musulmani con questo spirito di pace,
rifiutando le armi, Francesco fu accolto a Damietta in terra d’Egitto dal
Sultano con lo stesso saluto: As-salam
aleikum. A trovarsi di fronte furono due personaggi tanto diversi e, per
alcuni aspetti, sorprendentemente vicini. Nessuno dei due abdicò alla propria
fede, ma quella diversità – pur profonda – non impedì l’incontro, né fu negata
la possibilità di un confronto che si protrasse “per alcuni giorni”.
Francesco
è stato un ponte sopra l’abisso delle guerre di religione. Egli non ha vissuto
a lungo tra di loro; è tornato alla sua cultura, ma con un rinnovato sguardo
sull’altro e, come un viaggiatore che non può comunicare tutto ciò che ha
scoperto, ha detto ai suoi fratelli: “Andate a vedere” con lo spirito di un
piccolo che ascolta, “andate a vedere” con lo spirito di un minore che dialoga,
che sa essere cortese, pacifico e mite.
La
visita al Sultano condusse Francesco al di là del mare, lo condusse al cuore di
se stesso e lì incontrò l’altro già presente in sé.
Egli
è stato il ponte che Dio ha donato alla chiesa per abbattere “il muro di
separazione”. Quando a Damietta, in un giorno imprecisato del 1219, Francesco
abbandonò la cristianità per stare tra
i musulmani, la sua vocazione fu quella di ridare alla chiesa il suo volto
evangelico anche nelle sue relazioni con quanti ne stanno fuori. In
quell’esperienza Francesco scopre che il limite estremo della fraternità è
sottomettersi ad ogni umana creatura per amore di Dio.
Anche
noi questa sera ascoltando questi brani di musica vogliamo, senza abbandonarle,
uscire dalla nostra cultura e dalle nostre tradizioni religiose, per il bisogno
profondo di trovare in noi la stessa energia, lo stesso spirito che spinse
Francesco e il Sultano a mettersi in cammino l’uno verso l’altro, sapendo che
solo da tale incontro potremo trovare vie concrete e percorribili di pace.
La
pace è l’unico simbolo positivo dell’umanità: essa richiede la non violenza,
che significa ascoltare il ritmo delle cose. La pace è dono e compito, è
partecipare all’armonia del ritmo della vita.
Il
dialogo tra le religioni è ragione di vita oggi per il mondo. Bisogna saper
trasformare i conflitti potenzialmente distruttivi in polarità creative, ma per
far questo c’è bisogno di un dialogo in profondità e radicalmente nuovo tra le
tradizioni religiose dell’umanità. Per questo dialogo occorre ascesi, umiltà,
c’è bisogno di quella cosa difficile ma possibile che è l’ascolto: perché per
ascoltare devo essere vuoto di me stesso; solo così l’altro nella sua diversità
trova spazio dentro di me. Ci piace qualificare questo dialogo come “dialogo
esistenziale”, che nasce come frutto di un vivere insieme, di preoccupazioni
condivise, di vicinanza materiale e spirituale, di ogni piccolo gesto. Un
bicchiere d’acqua offerto e ricevuto, un pezzo di pane condiviso, una stretta
di mano, un sorriso o un momento come questo parlano meglio di un manuale di
teologia riguardo a ciò che possiamo essere insieme come cristiani, musulmani
ed ebrei.
Un
mondo nuovo è in gestazione e a noi, qualunque sia la nostra tradizione
religiosa, spetta il compito di lasciarne presentire l’anima.
Lasciamo
che Dio crei tra noi qualcosa di nuovo: buon ascolto!
Sr. Chiara Angela
Bianchini