Visita
fraterna al monastero zen Fudenji
28-29
aprile 2015
Nei
giorni 28-29 aprile il coordinatore ha fatto visita al monastero zen sōtō Shōbōzan Fudenji a Salsomaggiore (PR). Da
tempo desiderato, questo breve ma intenso soggiorno ha permesso di riallacciare
un rapporto tra questa comunità monastica buddhista, che ha ormai una storia
trentennale, e il DIM, che in passato aveva visto una stretta collaborazione e
amicizia tra il rev. Fausto Taiten Guareschi, fondatore e abate di Fudenji, e
p. Cipriano Carini, in quegli anni abate a Parma e coordinatore italiano del
DIM.
L’accoglienza
ricevuta, premurosa e calorosa, ha permesso di vivere, in un clima di
fraternità spirituale condivisa, due giorni di esperienza di vita monastica
zen, con i suoi ritmi di zazen
(meditazione seduta), liturgie diverse, pasti comuni. Oltre a una lunga e
intensa conversazione con il maestro Fausto Taiten e diverse occasioni di
condivisione e di scambio con gli altri membri della comunità (attualmente
sette), particolarmente significativa è stata la partecipazione all’apertura di
un sesshin (ritiro) di quattro giorni
dedicato alla “cucitura dell’abito (kesa)”.
Come il maestro Fausto Taiten ha ricordato
nel suo insegnamento impartito nella sessione di apertura e come anche è
stato sottolineato dalle parole introduttive della monaca Myōren, “l’abito
monastico, il kesa, è una
benedizione, è una porta meravigliosa, è simbolo e aiuto a un giusto portamento
della vita tutta intera, sostanzia lo zazen
perché gli dona gravità”. Per questo la sua confezione e cucitura è una pratica
spirituale. Un testo buddhista parla dei dieci meriti del kesa: Dieci
eccellenti meriti sono il campo del magnifico abito di gioia. Le vesti del mondo sono
tinte dal desiderio, ma non il manto del
Tathāgata [il Buddha]. Difende dalla vergogna,
colma di umiltà, estende un mondo di gioia e permette di seguire il
buon insegnamento. Protegge dal freddo e dal
caldo, tiene lontano dal morso
del veleno. Ben saldo nella Verità,
giunge all’Ultimo. Dell’asceta è forma che tiene distante la
brama. Sradica i cinque veleni,
muove al retto sentire e muove alla gioia il re
Brahma. Quando i discepoli
vestono, come stupa, il manto dei buddha, la terra e i cieli si
imprimono di purezza e di gioia. Il vero asceta, umile d’aspetto, libero va nella polvere
del mondo e il mondo prova per lui
nobile rispetto.
Qualche
anno fa il maestro Taiten aveva scritto, a proposito del dialogo interreligioso
monastico: Là dove il dialogo mi
sembra più promettente mi pare sia l’ambito interreligioso monastico. In
effetti io penso al monaco come a un archetipo, a una categoria precedente ogni
formulazione religiosa: non il monaco come uno stravagante che si estrania, ma
colui che si ricostituisce, che è continuamente in ricerca della sua unità.
Su
questa base e a partire da questo primo contatto nella persona del
coordinatore, ci auguriamo che ci sia presto l’occasione per l’intero gruppo
DIM di recarsi a Fudenji per vivere un’esperienza insieme.
L’architettura
“spirituale”, l’eloquenza estetica e la cura degli spazi monastici a Fudeniji
non sfuggono al visitatore, e tanto meno al monaco abituato a vivere gli spazi
del monastero come il luogo materiale, e proprio in questo spirituale, della
propria pratica quotidiana. Questo stretto legame tra “architettura monastica”
e “architettura spirituale” della comunità monastica vissuto in monasteri
cristiani e buddhisti è stato recente oggetto di uno studio dell’amica Maria
Chiara Giorda, studiosa di storia delle religioni all'Università di Torino, insieme
a Sara Hejazi, che ha avuto per oggetto di indagine proprio il monastero
buddhista zen Fudenji di Salsomaggiore e il monastero cristiano cistercense
Dominus Tecum di Prà d’Mill (CN). Pubblicato con il titolo “I luoghi monastici come spazi sacri”
sulla rivista Humanitas 68 (2013/6), lo
offriamo qui, con il permesso dell’autrice, alla lettura dei membri e degli
amici del DIM. È possibile inoltre osservare alcune figure e foto dei due monasteri.
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