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XII Scambio spirituale
fra monaci buddhisti e monaci cattolici
Giappone, 17 settembre – 12 ottobre 2011
Dal 17 settembre al 12 ottobre 2011 fratel Matteo si è recato in Giappone, invitato a partecipare, insieme ad altri quattro monaci e monache dall’Europa e dagli Stati Uniti, alla dodicesima edizione degli “Scambi spirituali est-ovest” tra monaci cristiani e monaci buddhisti zen giapponesi. Organizzata da diversi anni ormai dal DIM (Dialogo interreligioso monastico) e dall’Istituto di studi zen dell’Università buddhista “Hanazono” di Kyōto, quest’esperienza di scambio intermonastico ha permesso a fr. Matteo di vivere l’ospitalità in alcuni monasteri zen come luogo fecondo di conoscenza e di arricchimento spirituale.
L’organizzazione è stata impeccabile sotto ogni punto di vista e l’accoglienza ricevuta è stata ovunque sorprendente. L’esperienza ha previsto un primo soggiorno di cinque giorni, di natura introduttiva, presso Sōgenji, monastero zen della scuola Rinzai a Okayama. Qui il gruppo è stato iniziato alle diverse dimensioni della vita monastica zen: le intense e prolungate sessioni di zazen (la “meditazione” seduta) nello zendō (la sala per lo zen), l’ardua disciplina del lavoro, il complesso rituale dei pasti, le profonde istruzioni dell’abate. Potendo fruire di confronti fecondi con le molte presenze straniere nella comunità, con qualcuno c’è stata anche la gioia di condividere alcuni momenti di preghiera, come ci scriveva fr. Matteo in una sua lettera inviata alla comunità:
“Un momento bello e particolare è, a fine mattinata, la preghiera che facciamo tra noi e a cui partecipa un buon numero di monaci e studenti, che mi impressionano per la determinazione della loro ricerca. Lo scambio con loro a partire dalla lettura del vangelo è particolarmente profondo e fecondo. Ci offrono molti spunti e ci chiedono molte precisazioni. Sentiamo di percorrere una stessa via di svuotamento e di spossesso, una lotta contro l’ego che sola può liberarci”.
Grazie a questa calorosa accoglienza ricevuta, non sono mancate le occasioni di incontri significativi con molti rōshi, maestri spirituali e abati. In essi sono emersi confronti stimolanti sulla natura, gli scopi e le forme della vita monastica cristiana e zen. Dall’abate di Sōgenji, il maestro Harada Shōdō, fr. Matteo ha potuto raccogliere penetranti intuizioni sulla vita monastica:
“Più regole vi sono nel monastero, più la vita monastica diviene profonda e interessante! … Qualsiasi tipo di vita monastica viviate, nemmeno un minuto deve andare perduto … Nella vita monastica le cose necessitano di un lungo tempo di sviluppo, in quanto la vita monastica non è una passione degli inizi soltanto ma deve essere portata avanti fino alla fine della vita”.
Il secondo, vero e proprio soggiorno monastico di sei giorni, si è tenuto a Manjuji, altro monastero della scuola zen Rinzai, situato nella città di Ōita nel Kyūshū, l’isola più meridionale del Giappone. Grati di essere i primi monaci cristiani a soggiornare in questo monastero, fr. Matteo e fr. Irénée (benedettino del monastero belga di Chevetogne) hanno vissuto ancora la vita quotidiana del dōjō, il “luogo in cui si pratica la Via” dello zen. Memorabile resta, tra le altre cose, la condivisione della pratica del takuhatsu, la “questua” che i monaci lì fanno diverse volte al mese: abbigliati con borsa apposita e un ampio cappello di paglia, si cammina per due ore abbondanti nel quartiere circostante il monastero per raccogliere le offerte donate.
Anche qui, la conversazione con l’abate del monastero, Sasaki Dōitsu, è stata feconda e ricca, soprattutto quando si è arrivati a toccare la natura e lo scopo profondi della vita monastica: “divenire uno”, per entrambe le tradizioni, ma con significati assai diversi. Per lo zen, diventare uno con l’intera realtà fenomenica, che è nient’altro che la proiezione delle nostre percezioni sensoriali, dissolversi in essa per realizzare che non vi è nessun io individuale; per noi, diventare uno in noi stessi e con Dio. Il dialogo è continuato con altri stimolanti confronti sull’alimentazione, la solitudine e la comunità, la felicità nella vita monastica…
Riflettendo in sintesi sull’esperienza vissuta, così si è espresso fr. Matteo in un momento di condivisione con la comunità:
“Accanto gli uni agli altri, nella povertà di una comunicazione forzatamente limitata, si sono incrociati degli sguardi e si è condiviso un frammento di terra… Ho potuto sedere per un po’ – soltanto pochi ma intensi e indimenticabili giorni – sullo stesso terreno umano, sono stato accolto per un certo tempo nella casa spirituale degli altri, ho condiviso lo stesso ‘tatami’ – la stuoia che ricopre i pavimenti delle stanze in Giappone – di fraternità monastica … Come regalo d’addio, dall’abate del monastero di Manjuji ho ricevuto una calligrafia vergata dallo stesso abate. La parola scritta su di essa è ‘kizuna’, che significa ‘legame, vincolo, connessione’. Questo legame spirituale fraterno è in verità quello che ho vissuto in questi giorni di vita condivisa con i nostri amici praticanti zen: loro e noi entrambi alla ricerca della via di liberazione dai legami schiavizzanti di una vita egocentrica e abitati dallo stesso desiderio di un più profondo, reciproco “legame liberante”, il cui nome è fraternità”.
L’esperienza monastica si è conclusa con un ultimo soggiorno, di tre giorni, a Eiheiji, primo monastero e quartier generale della scuola Sōtō del buddhismo zen, fondato dal grande maestro Dōgen (1200–1253). Qui il gruppo ha ricevuto il grande dono di diversi momenti di dialogo con alcuni maestri del monastero.
Oltre alla visita prevista dal programma all’incantevole antica capitale, Kyōto, negli ultimi giorni di permanenza fr. Matteo ha potuto anche visitare il centro di spiritualità e di dialogo interreligioso di Shinmeizan, nel Kyūshū, che cerca di incarnare la tradizione spirituale cristiana nella cultura tradizionale del Giappone. Fondato da padre Franco Sottocornola, missionario saveriano, il centro è oggi da lui gestito insieme a suor Maria De Giorgi, missionaria saveriana, e padre Pietro Sonoda, francescano conventuale giapponese. Insieme tentano di costruire rapporti di conoscenza, di fiducia e di amicizia con esponenti delle varie religioni in Giappone, convinti che questo è il primo ed essenziale stadio su cui costruire – forse tra qualche decina o centinaia d’anni – un vero dialogo…
Questo soggiorno di tre giorni è stato davvero un buon tempo intermedio di lento e progressivo ritorno al mondo spirituale cristiano, dopo alcuni giorni di ospitalità in casa altrui. Gli spazi, la preghiera, l’atmosfera: tutto a Shinmeizan parla di un luogo di frontiera tra mondi spirituali – quello cristiano, quello shintoista e quello buddhista – che cercano di parlarsi e di fecondarsi a vicenda.
Dopo una breve visita alla città di Nagasaki, tragico teatro della distruzione dell’atomica e inizio della storia cristiana in Giappone nonché centro significativo per il cattolicesimo giapponese ancor oggi, il viaggio è proseguito verso la sua ultima tappa, Tōkyō, dove fr. Matteo è stato ospite per le restanti ore giapponesi della comunità dei missionari del PIME nella loro accogliente casa regionale.
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