Riunione annuale
dei membri del DIM Italia 2016
Monastero
buddhista zen sōtō Shōbōzan Fudenji (Salsomaggiore, PR)
18-20 ottobre 2016
Sappi
che dentro ogni cosa che è cè il tutto che vive: lì ti visita la gioia e lì ti
imbatte la difficoltà. Quando comprendi così ogni cosa che è, allora ogni cosa
che è diviene corpo limpido e liberazione.
(Dōgen, Busshō)
Forse mai come
questanno il nostro incontro è stato tanto ricco e fecondo, nonostante il
numero dei partecipanti fosse più esiguo rispetto alle precedenti riunioni
annuali. Ventidue infatti sono stati
partecipanti, di cui sedici monaci e monache cristiani di diverse
appartenenze monastiche (benedettini/e, cistercensi, camaldolesi, Bose,
Pulsano, clarisse, cappuccine, piccola famiglia dellAnnunziata), due monaci induisti,
quattro monaci buddhisti appartenenti a due diverse scuole (zen e tibetani),
a cui si sono aggiunti i monaci e le monache della comunità zen di Fudenji
presenti. Anche questanno abbiamo accolto con gioia due nuove sorelle desiderose
di condividere il nostro cammino.
Incontro ricco
e fecondo innanzitutto come si può vedere dalle foto perché questanno si è
trattato di una vera e propria immersione
di esperienza nella vita di una comunità monastica zen. Non a parole, non
attraverso un dialogo formale, bensì attraverso la condivisione di un tempo
della quotidianità monastica abbiamo potuto vivere un incontro da cuore a
cuore che ha inciso in profondità nella nostra comune sensibilità monastica. E
questo è stato possibile grazie allospitalità
dei nostri fratelli e delle nostre sorelle di Fudenji, sperimentando come lo
spazio di una casa condivisa può divenire il luogo di un cuore condiviso.
Tutta la comunità, per due giorni, si è dedicata alla laboriosa organizzazione
della nostra accoglienza, attenta alla cura di ogni dettaglio.
Così i nostri
due giorni di vita condivisa ci hanno portato ad assaporare, seppur
fugacemente, di cosa è fatta la vita in un monastero buddhista zen, un dōjō,
il luogo della [pratica della] Via. Vita che è strutturata, attraverso una
minuziosa organizzazione del tempo e delle attività, intorno a tre dimensioni,
che lo zen definisce tre forme diverse ma complementari di coltivazione della
Via:
Primo, lo zazen,
quello stare seduti e basta (shikantaza)
che non è tanto una tecnica di meditazione, bensì una postura della vita, è la
diretta esperienza della vera illuminazione (Dōgen, Bendōwa). Come abbiamo imparato attraverso la
pratica a cui siamo stati introdotti a Fudenji e attraverso le parole che labate
Fausto Taiten Guareschi ci ha donato nei tre momenti di istruzione avuti con
lui, lo zazen dunque non è meditazione,
bensì è un imbattersi
nasce dalla morte, dalla kenosi, dallabbandono, dallassenza,
dal sentirsi orfani
Totale abbandono, coraggioso sporgersi verso il limite
oltre il quale si è accolti da mani che sollevano: zazen è il dominio della grazia. Guidati dalle istruzioni di Elena
Seishin Viviani, monaca zen che ha fatto la sua formazione a Fudenji ed è
membro del DIM, abbiamo praticato
lo zazen e il kinhin, la meditazione camminata. Durante una delle sessioni di zazen Elena, con delicata benevolenza,
ha pronunciato parole che ci hanno toccato nel profondo: La vostra postura è
commovente: dice il vostro essere qui più di molte parole. E per questo è una
benedizione.
Secondo, samu, il lavoro manuale che occupa buona parte della giornata nel monastero
zen. Accompagnati da fratelli e sorelle di Fudenji, abbiamo condiviso alcune simpatiche
ore di lavoro nel giardino (raccolta delle foglie cadute) e nella sala dove
tenevamo i nostri incontri (pulizia dei vetri), intercalate da altrettanto
simpatici momenti di ricreazione. Lavoro di pulizia che è innanzitutto pulizia
del cuore e della mente, ovvero, lavoro manuale che è unaltra forma di zazen zazen in azione , unaltra forma di possibile realizzazione che ogni
istante ha la sua consumazione e soddisfazione, senza finalità, secondo le
parole dellabate.
Terzo, la
recitazione e il canto dei sutra e di altri brevi testi, nel quadro di liturgie la cui comprensione per noi è
risultata certamente di difficile accesso, ma che ci hanno permesso limmersione
in un linguaggio liturgico e rituale altro. Immersione che si è prolungata
nei momenti dei pasti, altrettanto
liturgici e rituali: occasione unica per tornare a riflettere sulle nostre
pratiche monastiche, sulle nostre liturgie comuni in refettorio come in chiesa
Un breve spazio abbiamo voluto ritagliarlo, come di consueto, per una riunione
tra i membri del DIM presenti.
Momento che ci ha permesso di condividere alcune belle esperienze fatte da
alcuni membri durante lanno trascorso, di confrontarci su alcune modalità del
nostro stile di dialogo e di abbozzare alcune tappe future. Un conviviale
pranzo di festa ha concluso con note di gioiosa fraternità il nostro convenire.
Uno dei partecipanti, fr. Lorenzo Mauri, benedettino della comunità
monastica di Germagno (VB), ha
voluto condividere i suoi sentimenti di gratitudine in uno scritto evocativo,
che ben esprime sinteticamente ciò che abbiamo insieme vissuto:
Innanzitutto un
grazie per avermi dato lopportunità concreta di conoscere la realtà di
Fudenji, un mondo per me sconosciuto. Inoltre, pur con meno presenze di altri
anni, un grazie alla comunione e amicizia che si sono viste visibili, calorose
e confermate tra i membri del nostro gruppo in quei giorni; un grazie speciale
al maestro Guareschi, alle monache e ai monaci di Fudenji. Certo, è stato solo
un incipit, ma assai significativo e molto accattivante, soprattutto per il
taglio e la sensibilità tenute alte da questo monastero zen per un apertura
allaltro, al mondo nostro, quello cattolico, che rischia di implodere se non è
capace di altrettanta apertura di cuore, se non riconosce lazione dello
Spirito, che agisce in ciascun uomo e ciascuna donna, mossi da un afflato di
fraternità, che non annulla le differenze, ma le valorizza, le rende
appetibili, le rende ricchezze se non da possedere, almeno da ammirare e
restarne affascinati; in più la bellissima certezza che stiamo camminando
insieme, mano nella mano.
Riportiamo anche la testimonianza di fr. Andrea Oltolina, benedettino della comunità monastica "SS. Trinità" di Dumenza (VA), apparsa nella newsletter "Come pellegrini e stranieri".
Con la comunità monastica di Fudenji,
nata trentanni fa nella campagna parmense, ci auguriamo di poter condividere
ancora momenti altrettanto fecondi quanto quelli vissuti in questo incontro
come nella mia precedente visita lo scorso anno, in quel comune cammino di trasformazione interiore e
di trasfigurazione che insieme cerchiamo di realizzare
fr. Matteo Nicolini-Zani